Nato a Catania nel 1801, Bellini è stato uno dei più grandi compositori italiani. Buona parte delle informazioni relative alla vita di Vincenzo Bellini proviene dalla corrispondenza con il grande amico Francesco Florimo, conosciuto a Napoli durante i suoi studi. Considerato all’unanimità uno dei compositori italiani più importanti di sempre, contende a Gaetano Donizetti e Gioacchino Rossini la palma di miglior compositore lirico del Belpaese. Scrisse 10 opere liriche, tra cui pietre miliari del genere come I Puritani, La Sonnambula e Norma.

Gli anni trascorsi a Catania

Bellini nacque dalla relazione tra Agata Ferlito e Rosario Bellini. Suo padre fu un compositore poco conosciuto ma abbastanza prolifico, mentre il nonno paterno, originario dell’Abruzzo, scriveva musiche sacre. Figlio d’arte, Bellini si appassionò precocemente alla musica, tanto da trasferirsi già a 14 anni a casa del nonno per studiare musica.

Nel 1818, il senato catanese decise di concedergli un premio grazie al quale avrebbe potuto perfezionare le proprie conoscenze nel campo della musica: il ragazzo, quindi, ebbe l’opportunità di iscriversi al Real Collegio di Musica di San Sebastiano di Napoli. Poche settimane dopo, ottenne un’altra borsa di studio, questa volta concessagli direttamente dal duca di Sammartino, che aveva intravisto in lui un talento enorme. Bellini, quindi, partì da Catania per trasferirsi a Napoli e realizzare il proprio sogno.

Gli anni napoletani

Il celebre collegio partenopeo sorgeva nei locali che attualmente ospitano le aule del Liceo Vittorio Emanuele II. A Napoli, Bellini fu seguito dapprima da Giacomo Tritto, quindi da Nicola Antonio Zingarelli, con il quale si dedicò soprattutto allo studio dei grandi classici (Pergolesi, Palestrina e Paisiello su tutti).

Durante gli anni di conservatorio, Bellini conobbe Francesco Florimo: i due diedero vita a una grande amicizia, che li avrebbe accompagnati per l’intera esistenza e anche oltre; Florimo, infatti, divenuto bibliotecario presso il conservatorio, fu il primo e più famoso biografo dell’amico scomparso. I primi anni napoletani videro Bellini alla prese soprattutto con la musica sacra.

Una delle opere più note di questo periodo è la Dolente Immagine, probabilmente dedicata a Maddalena Fumaroli, vecchia fiamma dell’artista. La relazione, purtroppo, venne osteggiata dal padre di lei, che non considerava Bellini degno di sua figlia a causa delle origini popolari. Nel 1826, il compositore presentò l’opera Bianca e Fernando (titolo poi modificato in Bianca e Gernando, onde evitare di offendere l’allora principe Ferdinando di Borbone), il cui successo fu strepitoso.

Le esperienze al nord

Nel 1827 e nel 1829, Bellini presenta presso la Scala di Milano opere poi divenute celebri come Il pirata e La straniera: la stampa elesse rapidamente Bellini come l’unico compositore italiano capace di avvicinarsi a Gioacchino Rossini.

Nel 1829 presentò, presso il teatro Ducale di Parma, un’opera intitolata Zaira, che non riuscì a riscuotere il successo dei precedenti lavori. Del resto, il suo stile non si adattava perfettamente ai gusti di un pubblico di provincia parecchio tradizionalista, ancorato ai vecchi canoni artistici.

Nel 1831 tornò alla ribalta con Norma e La Sonnambula, opere apprezzatissime dal pubblico milanese. Dopo aver calcato alcuni dei teatri più celebri d’Italia, incluso il Teatro La Fenice di Venezia, Vincenzo Bellini decise di andare a cercare fortuna all’estero, scegliendo Parigi.

Gli anni della maturità artistica

L’arrivo a Parigi coincise con la svolta decisiva nella carriera del musicista. Qui Bellini conobbe molti dei grandi compositori dell’epoca, tra cui Rossini e Chopin. Proprio in quegli anni, Gioacchino Rossini dirigeva l’allora celebre Théâtre-Italien. Con Rossini collaborò raggiungendo un successo straordinario. Purtroppo, scomparve a soli 33 anni, a causa di una brutta infezione intestinale, contratta qualche anno prima in circostanze mai del tutto chiarite.

Come tanti altri grandi artisti dell’epoca, Bellini venne sepolto presso il cimitero del Père-Lachaise.

La salma fu riportata in Italia soltanto nel 1876, quindi trasferita all’interno del duomo di Catania: la cerimonia, solenne e toccante, venne descritta dal vecchio amico Francesco Florimo. La realizzazione della tomba dell’artista fu affidata allo scultore genovese Giovan Battista Tassara, mentre Giulio Monteverde si occupò del monumento cittadino dedicato al grande compositore.